sabato 31 dicembre 2011

riconoscenza

- devi lanciare una bomba, fra due ore esatte-
- non capisco, perchè non devo lanciarlo ora?-
- perchè altrimenti non avrebbe senso nulla, imbecille!-
il capo era lui, e Remedy era soltanto un tuttofare. Un organismo bicellulare nato in maniera abbastanza bislacca, ma che poteva provare ben due tipi di sentimenti sintetici: la paura e la gioia. Il resto, per lui, era sconosciuto: un perfetto sociopatico insomma.
- se fai come dico io, Remedy, ti compro altri tipi di sentimenti. Te li scarico direttamente sul tuo disco, puoi perfettamente capire quanto sia importante per te, vero?-
Il capo di Remedy, mentre faceva questa domanda, poteva osservare le azioni del suo "schiavo" attraverso due lampadine collegate alla psiche di Remedy tramite wi-fi. In base a una certa stimolazione, ovvero se Remedy provava paura, si accendeva la lampadina sotto la targhetta "fear", altrimenti ad accendersi era la lampadina sotto la targhetta "Joy".

Mentre la pioggia stava scendendo, bagnando così l'ultimo giorno del 2112, Remedy stava appeso in cima alla rampa di scale della palazzina in cui abitava con il suo creatore. In fondo, non era altro che un ammasso di silicone, cellulosa e innesti meccanici che venivano azionati da una scheda madre IOs vecchio modello. Una linea vecchia, ora che il mondo era dominato da macchine con potenza quantistica. Incredibile quanto poteva sembrare lontano il periodo della sua "infanzia", quando non poteva provare nessun tipo di emozione. Il capo, nella sua stanza, stava disegnando su vecchi schermi alimentati a Litio la mappa trigonometrica del suo palazzo. La "bomba" andava direttamente collocata sopra la rampa di scale. Al suo scoppio seguirà una serie di crepe che andranno a far cadere uno dei muri secondari. questo incidente richiederà l'intervento di un "supereroe" per salvare la macchina n.14, una delle 20 macchine che dava l'energia all'intero quartiere. Se lui riusciva a salvare questa macchina poteva avere diritto ad un rimborso fatto di "buoni pasto" da consumare in qualche ristorante di cucina svedese. Ottimo modo per poter sopravvivere altri due mesi. Senza contare che la sua creazione, Remedy, poteva crescere a livello emotivo, potendogli direttamente installare magari il sentimento di "riconoscenza". Non era altro che un semplice upgrade del sentimento di "gioia".
L'amore costava troppo caro, ed era troppo ben protetto dalle multinazionali che lo producevano. Le chiavi d'accesso potevano cambiare ben due volte al giorno.






venerdì 30 dicembre 2011

1 completo

--> track della storia

l'esperimento era finito male, prima o poi dovrò ammetterlo anche a me stesso. O almeno ricordarmi di non mettere sotto chiave il sogno di tornare indietro, nella realtà. Sono rimasto bloccato nella fase REM, e questo pensiero è espresso attraverso circuiti chiusi del mio cervello, non so di preciso quale parte del cervello non è rimasta intrappolata nell'esperimento. Uno dei ricercatori mi aveva agganciato dentro un'ancora di salvataggio, un termine semplice per indicare un tipo speciale di onda cerebrale innestata dentro il mio cervello: il suo impulso doveva rilasciarmi una dose di "adrenalina sintetica" e scaraventarmi fuori dall' area REM.

Non riesco a parlare. Ho gli occhi dilatati e vedo soltanto delle facce che si confondono con le rispettive ombre. So a chi appartengono queste ombre: al team di ricercatori che avevano bisogno di una cavia umana, a basso costo. Avevano bisogno di me, di uno scappato di casa e che non sapeva come sopravvivere fuori nel mondo; uno che amava la vita e che poi ha deciso di spingersi oltre, scappare da una vita di plastica e non affamata di arte, come lo sono io.
Il mio concetto di arte si sta dissolvendo davanti a me, vedo la pietà del Michelangelo che si sta fondendo con la notte stellata di Van Gogh, due capolavori immensi che si stanno amalgamando fra di loro e che stanno assumendo pose orrende sia per l'occhio umano che per il suo compare cervello.


- Qualcuno chiami Shadow! dove cazzo ha lasciato l'ancora del paziente?-
nessuno dei 5 ricercatori sapeva rispondere. St.Thomas, il suo nome tra i vari ricercatori, era davvero incazzato.
In totale erano 6, quei ricercatori, tutti che avevano un proprio nick, maschera e distorsore della voce per evitare riconoscimenti dalle telecamere nascoste nel laboratorio, quelle che non erano riusciti a disinstallare. Sottofondo vi era la musica di Schubert, utile per distendere i nervi di tutti e per far rilassare il paziente, farlo entrare in fase REM. Accanto al paziente, un monitor. In quel momento stava mandando l'immagine della pietà di Michelangelo, sotto il cielo stellato di Van Gogh.
- possibile che quello sia l'ingresso del suo mondo?- disse MM, curioso di quello che stava vedendo.
- E' possibile, ma per saperlo dobbiamo riportare il paziente fra di noi. Chiamate Shadow!- tuonò St.Thomas, l'unico possibile responsabile della morte del paziente, se fossero stati scoperti. Il capo. Tutti, fra di loro, cercavano di non ridacchiare del fatto che proprio il ricercatore di nome Shadow fosse scomparso nel nulla, irragiungibile.
Ma non mancava solo lui, mancava proprio qualcosa. St.Thomas decise di entrare nella stanza dove il paziente si trovava sdraiato su una barella, con dei fili che entravano sapientemente nella sua nuca. Occhi dilatati. Battito costante. Manca qualcosa. MM richiamò l'attenzione di St.Thomas sullo schermo: era sparita la pietà, era apparsa una ragazza senza palpebre, con gli occhi sbarrati che fissavano solo lui. Mancava il gelo. Sospensione, punti di sospensione.

Non riesco a ricordarmi cos'è l'arte. Ho bisogno di una piccola parte, ho bisogno di quell'ancora di salvataggio. é una piccola parte, un sistema infinito di 0,9999 che non raggiungerà mai 1 completo. All'improvviso, sento qualcosa che mi prende la mano. Una ragazza, non so chi sia. Ha uno sguardo rassicurante, e il fatto che io non provi paura significa che l'ibernazione REM del mio cervello ha raggiunto il massimo. Come diceva Shadow, ho bisogno di ricordarmi qualcosa di reale, che non mi prosciughi completamente l'ambiente del sogno ma mi riporti fuori, passo dopo passo.
Non so dove sono, le ombre si sono amalgamate fra di loro.


- ora basta- disse MM - bisogna creare una reazione inversa-
- cosa vuoi dire?- chiese uno dei suoi colleghi.
- bisogna ricreare il pezzo mancante, per farlo diventare completo e reale. Innestiamogli manualmente una dose di adrenalina, forse avrà la forza ulteriore di uscire dalla fase REM-
- oppure di collassare del tutto, che è la cosa più probabile- replicò st.Thomas, senza staccare gli occhi dalla ragazza sullo schermo.-
- può darsi, ma ha bisogno di un incentivo per "seguire" quella cosa sullo schermo. Forse è la rappresentazione onirica dell'ancora di salvataggio di Shadow, quindi se gli spariamo l'adrenalina lui avrà tempo di seguirla e di innescare l'onda d'urto del risveglio-
St. Thomas non disse nulla, si ricordò semplicemente che non tutti era convinti che una sequenza infinita di 0.999 poteva fare 1. E in quel momento lui era soltanto quella sequenza infinita ma non completa. L'unico modo era di fargli trovare quella porzione mancante. Altrimenti sarebbe morto, e prima o poi sarebbero riusciti a dare la colpa a lui.
- dategli l'adrenalina, fatelo diventare di nuovo 1-.

La musica si fermò, adesso a regnare era solo il silenzio onirico.

lunedì 5 settembre 2011

ricerche di gruppo

I miei quattro collaboratori si trovavano tutti ai loro posti: Phil sta facendo delle ricerche per potenziare la fovea (la regione centrale della retina umana, con la massima acuità visiva), in modo tale da permettere la costruzione di uno strumento al chirurgo che sappia esattamente che punti della fovea colpire (senza ovviamente danneggiare l'umor vitreo, e andando semplicemente a fondo nel nervo ottico). Lhem sta perfezionando la giuntura in plastica ionizzata da apportare ai muscoli del polpaccio, per potenziarli e rendere il beneficiario una persona con una vita più facile da gestire. Tuttavia, a prima vista, sembrava che Lhem avesse dei problemi con la contrazione muscolare: essendo questa il risultato di una serie di modifiche intracellulari, bisognava fare il modo di ritrovare il coordinamento tra tutte le parti in gioco. Tra tutte il muscolo scheletrico, ma vedevo che Lhem aveva dei problemi proprio lì, perchè la plastica ionizzata non sembrava avere una struttura metamerica adeguata alle funzioni del muscolo scheletrico. Il suo lavoro stava procedendo in una brutta direzione.
Poi c'è Rebeccah. Essa sta iniziando invece un praticantato da me, e sta facendo il lavoro sporco di tutti quanti (analizzare i campioni, prendere modelli di riferimento, costruire presentazioni grafiche con annesse statistiche per me e Zahira...insomma, il classico praticantato da cui tutti prima o poi dobbiamo passare). Non riuscivo però a vedere l'ultimo dei miei collaboratori: Adam. La sua postazione era accessa, la barella mobile su cui sta lavorando (con tutte le annesse strutture per non far cadere il paziente mentre ci si sposta da un punto all'altro) era lì.
Forse era andato in bagno, sinceramente tornando con la mente di adesso...non me ne curai più di tanto.
I ragazzi non si erano accorti della mia presenza (seppure in maniera olografico) e quindi rimasi a fissarli ancora un altro po', cercando di vedere se nel loro lavoro potevo trovare dei piccoli errori da far correggere. In fondo, anche se menomato...ero ancora il loro capo.

domenica 4 settembre 2011

ordinamento dati

Guardo fuori, prima della sincronizzazione tra tutti i dispositivi mondiali e le nostre connessioni neurali. Ovviamente ci sono dei gruppi sparuti in tutto il mondo che si rifiutano di andare a rendere omaggio in maniera così plateale alla tecnologia. L'umano deve restare umano, la tecnologia invece deve rimanere soltanto una delle tante forme che devono servire e riverire l'umano. Bene, d'accordo...ma io ho sempre pensato: l'umano e la tecnologia non possono essere due fattori che si integrano tra loro? Perchè umano e tecnologia devono essere divisi tra loro, come due linee parallele che non si incontreranno mai? Mi sdraio sul divano e lavoro un po': da quando sono in malattia perenne la mia azienda, e in particolare la mia boss Zahira ha capito che rendevo di più (facendogli quindi guadagnare di più) se lavoravo tra le mura domestiche. Bel colpo, per uno come me che è sempre stato pigro. Accendo uno degli olo-monitor, e l'interfaccia d'ingresso mi mostra il collegamento in remoto con il mio reparto, di cui sono il capo. Sono il boss di uno sparuto gruppo di ricerca, il cui compito è quello di ricreare degli strumenti di supporto ai medici che devono operare per più di 12 ore di fila. In passato, si lavorava così soltanto quando dovevi fare un trapianto completo di faccia con annessi muscoli e ossa...o peggio, quando dovevi ricostruire un intero apparato respiratorio. Le trachee sono la parte più difficile del mio lavoro, sapete? Adesso, con l'upgrade mondiale di Geremiah, praticamente possiamo dire addio alla fatica di tenere aggiornati i nostri sistemi operativi e la nostra memoria, adesso possiamo semplicemente lavorare con la memoria del nostro cervello integrata con la grande meccanicità insita nell'informatica. Ho bisogno di un dato, di uno specifico dato, preso da un set contenente oltre un miliardo di record? Perfetto: avvia una ricerca meccanica di “merge-sort” all'interno del mio cervello. Divido il set a metà e controllo in maniera ricorsiva se quel dato e presente (dopo averlo opportunamente ordinato).

sabato 3 settembre 2011

Diplopia

Non so se io ero pronto, per la mia visualizzazione. Vedere il mondo completamente rinnovato, una sorta di mondo 2.0. Adesso, con il senno di poi, posso capire quante cose mi stavo perdendo. E quante cose mi sono perso, nella mia infanzia e nel periodo dell'adolescenza. Penso a tutti i miei antenati, che non hanno mai saputo cosa sia vivere in un mondo pieno di dati. Dati che integrano ogni cosa che fai: chi ama la matematica sarà felice per quello che questo concetto può significare, i letterati un po' meno. Comunque sul mio vecchio modello di cellulare arrivò una chiamata, e passai con un mano e con l'aiuto dei dispositivi whitetooth (nome in omaggio al vecchio antenato bluetooth) la chiamata sul televisore di casa, che aveva all'interno dello schermo a pixel liquidi anche una webcam di seconda generazione.
Era la mia ex, quella che aveva sempre paura di tutta questa tecnologia che ci circonda. E, a giudicare dalla mia esperienza con lei...aveva una paura fottuta della visualizzazione completa di Geremiah.
-ehi, thomas- mi disse lei, con una voce sottile e un viso inespressivo.
-ciao, Elisa. Lo so, non devi avere paura.- gli dissi io, andando subito al punto.
Non ho paura più di tanto, Tommy. E' solo che...non mi sembra giusto. Dove è finita la libera scelta? Tutti i nostri antenati, dagli americani agli arabi con la loro Primavera Araba, hanno cercato di regalarci un pezzo di democrazia. E questa, lo sai meglio di me...non è democrazia-
La ascoltavo, pensieroso. E non capivo perchè avesse chiamato proprio me, visto che avevamo deciso di non parlarci più. Lunga storia. -Tommy, tu sai come fare a sfuggire alla visualizzazione?-
-A quanto ne so io, non c'è modo. Forse con un vecchio rifugio antiatomico, potresti sfuggire alla radiazione imminente- anche se non ne ero convinto più di tanto. -Va bene, forse allora so dove andare. Mio nonno ne aveva uno, nel casolare in campagna. E' un po' nascosto, ma forse posso riuscire a sistemarmi un po' lì – poi mi regalò un gran silenzio imbarazzante, non certo aiutata da me che stavo totalmente in silenzio-
-e tu?- mi chiese poi – non hai paura di quello che sta per succedere al mondo?-
-si, in effetti ho un po' di paura. Ma la mia è una paura scientifica: ho una “visione doppia”-
lei mi guardò con aria interrogativa, e io le spiegai meglio – la mia visione doppia è un disturbo chiamato “diplopia”, e riguarda solo il mio occhio destro. Le immagini che si formano sulla retina non sono tutti uguali, e dal momento che le immagini vengono percepiti dai due occhi leggermente diversi, se la loro differenza è minima allora il mio cervello automatica “ricostruisce e fonde” tutte le varie incongruenze, rendendo l'immagine perfettamente nitida- -ti ha mai dato fastidio, questo tipo di disturbo?-
-all'inizio era un casino, ma poi ci sono abituato-
-e da cosa ha avuto origine questo disturbo? È ereditario?-
Rimasi a fissarla, prima di risponderle – no, non è ereditario. Riguarda una faccenda di cui non ti ho mai parlato. Comunque ti consiglio di prepararti: la “visualizzazione” incomincia alle 16-
lei guardò qualcosa al di fuori dello schermo, e poi mi salutò dolcemente. Chissà se può rinascere qualcosa, con lei. Lei era stata una delle poche persone speciali, nella mia vita. Ma mai così speciale a tal punto di dirgli dell'incidente che mi cambiò la vita per sempre.
Che mi portò al coma cerebrale.

giovedì 1 settembre 2011

la previsione

- pronti per la visualizzazione completa? - Geremiah era sempre in prima linea, quando si trattava di esporre alla massa una grande mole di dati. Quello era tutto il suo mondo, e non poteva sottrarsi al suo destino. Immaginate qual'è il sogno di un ballerino, o di una musicista famosa, o di qualsiasi altra persona che ama il suo lavoro? Esatto: svolgere il suo lavoro in maniera costante, quasi un grande sogno da cui non ci si sveglia mai. Quello era il mondo di Geremiah: un mondo utopico nel passato, ma che senz'altro si era formato all'interno di un meta-mondo, ovvero quello digitale. Poi, se ci mettiamo dentro tutte le teoria della psicologia digitale, i presupposti ci sono tutti per capire come può evolversi il metamondo digitale fatto di dati, di dati qualitativi e dati quantitativi, di leggi e regole che gestiscono l'universo perenne di pixel, di immagini vettoriali e raster che un uomo del passato non potrebbe mai capire. Ecco, quel mondo pixeliano aveva un unico difetto: non riusciva mai a riposare. Era come i social network di inizio secolo, un secolo fatto di informazione costante che cambia con il tempo: cambia talmente tanto che anch'io, quando ripenso al lavoro di quell'uomo, non riesco a non farmi venire un tremendo mal di testa. Geremiah. Come diavolo farà quell'uomo a non uscire mai dall'universo digitale che gli antichi ingegneri hanno creato per noi? Come diavolo farà a non riuscire mai a dormire? Una ricerca (sempre con dati tridimensionali rielaborati da Geremiah) mostrava come sarebbe evoluto il mondo se l'essere umano non avesse avuto bisogno di dormire. I grafici, 4 pannelli disposti in matrice 2x2 con senso semantico orario, mostravano un andamento basso, quasi a toccare l'asse delle X (l'asse del tempo). Poi, andando avanti con la previsione, le 4 linee che simboleggiavano i 4 ceppi della razza umana andavano alzandosi sempre di più, fino a toccare un punto massimo nel quarto e ultimo grafico. La previsione si chiamava “visualizzazione completa”, e propria quella previsione sarebbe stata l'inizio di un lungo dibattito all'interno del mondo scientifico e para-religioso che avrebbe portato al giorno d'oggi: il giorno in cui l'umanità avrebbe rinunciato per sempre alle ore di sonno che aveva sempre contraddistinto le ore del giorno e della notte. Non potevo non pensare ad una vita senza sogni. Io non ci riuscivo, ma la maggioranza dell'umanità si. E se lei voleva, allora dovevo volere anch'io. Tutte le procedure erano pronte, e nel pomeriggio sarebbe scattata la “visualizzazione”. Quindi, con un po' di amaro in bocca mi gustai ogni secondo della dormita che avevo fatto e del risveglio che avevo appena compiuto. La mattina, quando i pensieri tardano ad arrivare. Quando succedeva mi dava un gran fastidio; e quella mattina, invece, gustavo con una punta di amarezza tutto ciò. Poi, dalla cucina arrivò una voce che riconoscevo fra mille, la voce dell'uomo che aveva preparato la “previsione della visualizzazione”: Geremiah, l'uomo dei dati. - pronti per la visualizzazione completa?-

mercoledì 31 agosto 2011

look-up

La porta si richiuse, dietro Matiz, in maniera sinistra. Non riusciva a capire bene cosa ci fosse alla fine del corridoio poiché non era per nulla illuminato. Tuttavia, notò con molto piacere che vi erano collocate nei due angoli in cima alla sua testa due altoparlanti, che al momento mandavano un pezzo di Elvis Costesso, Alison.
Era un pezzo orecchiabile, ma sinceramente era anche un pezzo alquanto fuori moda.
Avanzando lentamente, la poca luce presente in quel tugurio che stava percorrendo era anche sufficiente per notare quanti schemi scritti a mano vi erano impressi su entrambi le pareti.
Da una parte poteva leggere scritte come “run-time”, “look-up table” e vari pezzi di ritornelli di canzoni famose o meno (come “girls wanna have fun” e “time after time” di Cindy Lauper e “Helter Skelter” dei Beatles).
Ad un certo punto, vide una stanza alla sua sinistra: la porta era aperta, e poteva vedere perfettamente quello che ci stava al suo interno: un letto con lenzuola ordinate, un poster di un vecchio film di Ewan McGregor "The Island", e un piccolo camino sulla destra. E al centro, spuntando fuori dal muro, uno schermo LCD vecchio stile che mandava in onda una specie di documentario: le immagini mostravano uno schema UML dinamico, i cui nodi cambiavano struttura in maniera quasi frenetica mentre la voce diceva "secondo gli informatici, con il termine Look-up table s'intende una struttura dati utilizzata per sostituire operazioni di calcolo con una semplice operazione di run-time. Ad una certa canzone è associata una sequenza di valori digitali che rappresentano il suono complessivo di una particolare performance."
Poi Matiz sentì un rumore tonfo, che richiamò la sua attenzione.
Alla fine del corridoio vi era una biforcazione.

martedì 30 agosto 2011

nuovo caso

-Ben arrivata, Coscienza- mi disse Val, quando entrai nella sua stanza d'albergo. Bella moquette, sembrava quasi seta italiana d'importazione. Ma forse era solo un'elettrodistorsione provocata apposta dai sensori dell'albergo, piccolo espediente utilizzato dagli alberghi di questa città per fare apparire le proprie stanze degno di un sultano.
-grazie, Val. questa volta credo che ci siamo-
-hai quindi trovato lo schema che ti serviva?-
Schema di qui, schema di là...lui non pensava ad altro che cercare una buona formula matematica da rivendere a dei nerd dell'est-asiatico. Il mondo gli sembrava un incredibile romanzo di William Gibson, e forse lo era diventato davvero.
-sai cosa vuol dire, vero?- disse, fissando lo Xerox Star davanti a lui.
si, lo so...- dissi, sostenendo il suo sguardo di sfida.
Il caro, vecchio Val. Lui è un sociopatico, un ragazzo che presero al laboratorio per testare dei nuovi farmaci capaci di fargli provare qualcosa. La sua tagliente intelligenza lo rendeva brillante, rispetto agli stessi scienziati che lo trattavano come una semplice cavia.-
- hai tenuto aggiornata la tua memoria, mentre venivi qui? Anche con lo schema del Capitano? bene...-
L'interfaccia della Xerox Star non lasciava dubbi: qualcuno era entrato nel database privato del laboratorio. E probabilmente qualcuno sapeva della mia esistenza, della missione di Coscienza.
-... cara ragazza mia- disse Val, dopo un momento di pausa dalla precedente domanda - dovrai agire in maniera capillare. Abbiamo un indizio: uno dei 3 indirizzi IP registrati durante l'attacco si trova proprio in questa città. Tra i 3 è probabilmente quello più veritiero, e soprattutto è l'unico che non ha utilizzato un server proxy per mascherarsi.-
se le cose stanno così, allora è una trappola.- disse Coscienza, visibilmente annoiata
o forse si è trattato di qualcosa andato storto: magari chi utilizzava quell'indirizzo pensava sicuramente di essere protetto, e non sapeva che la compagnia che gestiva il servizio proxy aveva bloccato il suo servizio per un banale mandato della magistratura.-
Inarcai un sopracciglio, e non sembravo convinta per nulla. Poi guardai l'orologio – non dovevi andare a cena con la tua nuova fiamma, quella tipa belga delle foto?-
Val capì subito di che foto stessi parlando, ma dovette ammettere a sé stesso di essere stato parecchio stupido, visto che gli avrei rinfacciato quella “scappatella” per il resto della sua vita da (quasi) immortale.
Continuò a fissare lo Xerox Star come se nulla fosse – la tua missione, se dovessi accettarla- scimmiottando la serie degli anni 70 “Mission Impossible” - consiste nel leggere i dati cerebrali del proprietario di questo indirizzo IP. Sono stato abbastanza chiaro?-
-certo, mio caro sociopatico. E appena avrò finito con lui, stai certo che verrò a salvare quella ragazza belga. Ci siamo capiti?-
-non devi salvare un bel niente. Sia chiaro che sono io a controllarti, non tu.-
Stai calmo, vecchio padrone. Siamo tutti schiavi della nostra coscienza. Tu non ne hai, quindi devo essere io a svolgere questo compito-
E, sorridendo, tornai verso la porta, noncurante del sorriso enigmatico stampato sul volto di Val.

lunedì 29 agosto 2011

pensieri tra la folla

Mentre camminavo tra la gente, non potevo fare a meno di ripensare alla storia del Capitano.
Un uomo distrutto psicologicamente, e ormai sbandava di città in città in cerca di nuovi schemi intrapersonali, uno schema che lo facesse sentire meglio. Un po' come se cercasse un effetto che solo un mix di erba e LSD può provocarti: una ti rilassa e l'altra ti scaraventa dentro 30 viaggi, più o meno belli o raccapriccianti. Grazie alle nanomacchine presenti dentro di me, riesco a percepire ogni singola emozione empatica che le altre persone emanano. Per esempio, mentre cammino tranquillamente un ragazzo mi sorpassa distrattamente, e sento dentro di me che quel ragazzo prova un sentimento di angoscia e di terrore. Questo potrebbe portarmi a pensare che quel ragazzo ha dei debiti da pagare con gente che non scherza, oppure sta per andare a sostenere il più difficile esame universitario della sua carriera. Una persona può essere angosciata per mille motivi.
Il sentimento che provava il Capitano, quando lo conobbi, era molto diverso. Era un mix di nostalgia e di depressione, segnale che cercava disperatamente uno schema mentale che sono una persona del suo passato poteva dargli.
Era seduto sulla poltrona del bar che frequento quando non sono impegnata con gli altri pazienti.
Stava sfogliando una vecchia rivista per turisti, che mostrava le bellezze che questa città può offrirti.
quella è la Cattedrale di San Matteo, costruita nel 1450 dall'architetto Gasparino. Buffo nome, per chi ha creato una bellezza simile..- gli dissi sorridendo, mentre mi avvicinavo a lui.
Lui mi fisso e mi contraccambiò il sorriso. E' difficile che un uomo rifiuti una proposta di conversazione che parta da una bella ragazza. E infatti mi fece sedere accanto a lui, e iniziammo a parlare della Cattedrale, e poi ci misimo a scherzare sulle persone presenti in quel locale.
Chi aveva una grossa testa, chi invece si vestiva male ecc...

venerdì 26 agosto 2011

L'incontro al supermercato

24/08/2011
L'incontro al supermercato
allora, dovresti toccarmi e poi muoio?-
Io, Max e Gualtiero eravamo seduti intorno al tavolo. Io sorseggiavo una beck's, in maniera distratta, poiché ero assorto nella visione della mia ragazza che sonnecchiava nel letto.
Max e Gualtiero stavano rigirando in maniera ossessiva le carte che la Morte stessa aveva affidato a loro.
in teoria, dice che funziona così. Che faccio, ti tocco?-
Max era titubante, poi rispose – si-
fermi tutti- esordì io – ragazzi, ma non ci domandiamo nulla? Cioè, Gualtiero, tu accetti così il tuo destino? E Max, tu accetteresti totalmente l'idea di vagare su questo mondo?-
entrambi fissarono me, poi il tavolo, poi le carte, poi la mia ragazza. Insomma, non eravamo in vena di lunghi discorsi.
la colpa è tua, imbecille- disse, infine, Gualtiero.
Come, prego?-
si, la colpa è tutta tua. Come cazzo ci si fidanza con un angelo della morte?-
Io rimasi intontito per quell'accusa così diretta, ma in fondo aveva ragione. La colpa era tutta mia.
Il mio cervello si disconnesse un attimo, e continuando a sorseggiare birra ritornai al giorno in cui conobbi lei. Ovviamente il lettore, arrivato a questo punto si sarà fortemente incazzato poiché non ho ancora pronunciato il nome della mia amata. Lo ammetto, è scritto di proposito: infatti tra un po' capirete il motivo del mio imbarazzo. Insomma, ero al supermercato a fare la mia solita spesa settimanale - un pacco di cracker, delle sottilette, dello yogurt, pacchi di patatine e un po' di mele -
quando all'improvviso notai qualcosa di strano al reparto frutta: paradossalmente era rimasta solo una succulenta mela rossa. Mi precipitai con la borsa della spesa saltando con un balzo una tenera vecchina con un enorme carrello della spesa (rompendogli anche qualcosa) e mi precipitai per prenderla. Indovinate un po' chi stava gareggiando per quella mela? Una ragazza dai capelli lunghi, lisci neri e corvini. Con due enormi diamanti azzurri incastonati nel suo sguardo.
Uno sguardo che faceva raggelare il sangue, ma capirete che non riconducevo questa caratteristica al lavoro della suddetta ragazza.
uao- gli dissi io con un filo di voce – e adesso come la mettiamo?-
semplice, tu sei un galantuomo e mi darai la mela.-
come fai a sapere che sono un galantuomo?-
lei mi sorrise – certo, si vede subito-
e se l'apparenza inganna?-
nel tuo caso? Credo proprio di no!- e prese di scatto la mela, per poi allontanarsi in fretta
aspetta un momento!- gli gridai cercando di rincorrerla, ma la vecchina di prima mi sbarrò la strada, cercando di dirmi qualcosa di incomprensibile, ma lento.
Con una scusa cercai di liberarmene, ma lei sparì.
Pagai alla casa la mia spesa e poi scappai dalla vecchina che mi rincorse con il suo carrello nel parcheggio. Tornai a casa, accesi la televisione e mi sedetti a gustare uno yogurt. Ripensai a quel magico incontro pomeridiano, a quella magia quotidiana: la mela, lo sguardo della ragazza, il suo sorriso, la vecchina sdentata che mi giurò eterna vendetta. Poi, all'improvviso, il destino mi fece visita: pareva infatti che ci fosse una manifestazione per i diritti degli animali dall'altra parte della città; una manifestazione a cui partecipavano più di 3.000 persone. E chi intervistava il giornalista proprio in quel momento? Una ragazza dai capelli lunghi, lisci neri e corvini. Con due enormi diamanti azzurri incastonati nel suo sguardo. Il cui nome era Angelica.

giovedì 25 agosto 2011

Nuove regole di gioco

La mia ragazza, guardiana della Morte, per mano di quest'ultima si mise a sonnecchiare sul divano, in modo tale che noi tre poveri diavoli stavamo cercando un preteso per scappare da quella terribile compagnia.
allora, cari ragazzi- esordì quella che noi tutti reputavamo la Morte, in carne (??) e ossa – qui ci sono delle complicazioni da sistemare. Prima di tutto: questa zona è senza un “controllore di morte”, qual'è la tua cara ragazza, mortale- indicò me, e stavo per controbattere quando mi disse -non mi interessa totalmente nulla di quello che devi dire. Io sono qui per sistemare le cose, e lo farò. Punto primo: tu muori – indicò Max, che rimase impietrito – punto secondo: tu mi aiuterai a fare morire lui – disse, indicando Gualtiero, che subito stava per cadere se io e Max non l'avessimo preso a terra – punto terzo: tu, caro amico , dovrai assistere la tua ragazza- disse, infine, indicando me.
Pe-pe-pe-pe-perdono- esordì Gualtiero – capisco che Davide non debba fiatare, però io avrei due domande da sottoporre alla vostra attenzione, cara Morte
chiamami Francesca- disse lei, non curante.
Noi tre ci guardammo fra di noi, e poi incrociando il suo sguardo non ebbimo il coraggio il perchè del nome “Francesca”. Gualtiero continuò – a-a-a-a Francesca...come dovrei uccidere il suddetto ragazzo che è arrivato vivo e vegeto dentro questa casa – ovviamente il soggetto della frase era Max, sucida scampato a Francesca, ma per sbaglio indicò me, e subito detti un colpo secco al suo braccio che in maniera meccanica si spostò verso Max.
semplice: tu adessi sei ufficialmente il “sostituito della guardiana della Morte” e farai le sue veci finchè la mia impiegata non si sarà sistemata. Ovviamente ci sono delle complicazioni, ma per questa settimana dovrai uccidere al posto mio. Nel frattempo questo qui non può rimanere con voi. Almeno, non in forma corporea. Quindi basta che tu adesso tocchi fisicamente Max, e a lui penserò io.
Aspetti- frenò Gualtiero – questo significa che...non potrò toccare più nulla?-
Effettivamente mi sentivo anch'io a disagio con quella spiegazione, e pensai a tutte le volte che io e la guardiana facemmo sesso. Ecco cos'era quella sensazione di tristezza che mi assaliva dopo ogni amplesso.
ovviamente questo potere deve essere raffinato, per cui in questi 3 giorni ti consiglio di non toccare tanta gente. Per ogni complicazione, ovviamente, basta che toccherai questa carta- disse, estraendo il tarocco della Morte da una delle tasche della gonna – e io apparirò al tuo cospetto. E se non io, la guardiana della Morte più vicina a te in questo momento.
Scusi, Mor..Francesca - interruppe Max – cosa intendeva con la frase “almeno, non in forma corporea”? Significa che sarò costretto a vagare come un fantasma?-
Chissà perchè, in quel momento mi vennero in mente i Ghostbusters – Non esageriamo. Capita che a volte tutte le linee di connessione tra il mondo terreno e quello delle anime sia molto occupato, e quindi subentra quel meccanismo chiamato “Purgatorio”: l'anima in questione cerca di espiare i suoi peccati (e passare il tempo) in attesa della chiamata.-
Max sembrava perplesso, poi disse – e possiamo direttamente scegliere di rimanere nel Purgatorio?-
Francesca lo guardò con fare annoiato, e poi gli disse – certo, puoi essere il suo angelo custode, se vuoi-
Io e Gualtiero ci guardammo un po' disorientati.
Infine si alzò, con fare arrabbiato, e si diresse verso di me
e tu, piccolo idiota che hai dato origine a tutto...- pronunciò con un tono di voce alterato – ..tu che hai dato origine a tutta questa faccenda...-
Io d'istinto indietreggiai – tu adesso dovrai fare in modo che la guardiana difettosa non mandi nessuno accidentalmente all'altro mondo!-
Arrivai con le spalle al muro, e lei mi arrivò a due centimetri dalla faccia. Dentro i suoi occhi c'era l'abisso. Molto romantico.
E..eg...quindi il tuo potere è dentro di lei?-
Si, lei non è mortale da troppi anni: ormai è plasmata con quel potere. Quindi se mi arrivano anime inaspettate...sappi che farò anch'io uno strappo alla regola.
E prese un piccolo palmare, somigliante ad un Iphone 4 e con l'adesivo “Death Note” scritto dietro.
qui ho il database delle anime di questa città. C'è anche la tua. E, fidati, ho 3 fratelli che farebbero di tutto pur di divertirsi con qualche mortale-
Scommetto che non parlava di scacchi.
Io adesso tolgo il disturbo. E, nuovo impiegato, fa che l'anima di Max mi arrivi presto. E tu, se non vuoi andare subito nella terra delle anime, ti lascio allora la carta che ti potrebbe interessare – prese da un altro taschino la carta del “morto che parla”.
Poi se ne andò, non prima di avermi lanciato un'altra occhiataccia.
E cademmo tutti e tre per terra, tutti e tre con i nostri rispettivi ruoli: Gualtiero nel ruolo dell'angelo della Morte, Max in quella dell'anima errante e io...infermiere di un angelo della Morte inconsapevole di esserlo.

domenica 21 agosto 2011

Prima della chiusura

La ragazza si sedette in maniera tranquilla, accavallando le lunghe gambe in maniera femminile. Era tardo pomeriggio, e nel locale non era rimasto quasi nessuno a parte uno che non conoscevo, probabilmente di passaggio che aveva approfittato della sosta per prendersi un caffè e scappare in bagno. La ragazza mi fissò, con fare ammaliante, e mi disse – io prendo semplicemente un bicchiere di amaro del Capo. Io le sorrisi, e a fatica (forse per il poco uso della lingua) bofonchiai – è il mio preferito- Lo era davvero: infatti presi due bicchierini e li riempì fino all'orlo
cosa ti porta in questo paesino deserto?-
mi porta il mio ex. Lo stavo cercando per riprendermi la mia roba. Tu forse lo conosci: si chiama Tobia Medici-
L'unico Tobia che conoscevo era morto in seguito ad una rapina in banca. Fu io stesso a vedere la scena dal vivo: quel ragazzo sequestrò due funzionari di banca, e poi in preda ad una furia omicida uscì fuori dalle porte della banca brandendo minacciosamente una pistola e puntandola verso una delle tre pattuglie arrivate sul posto. Ovviamente, quasi tutti gli agenti spararono e lui morì dissanguato poco prima dell'arrivo dell'ambulanza.
Gli raccontai quello che sapevo di Tobia alla ragazza, che mi guardò con occhi sgranati.
lui aveva la mia roba. Un paio di collane di valore, dei libri rari e...delle vecchie fotografie. Devo riavere tutto, mi servono.
Guarda, io tra un paio di minuti stacco. Stavo giusto aspettando quel signore in bagno per raccogliere le mie ultime cose e andate in ferie. Ho il nuovo indirizzo di Tobia, e se vuoi ti ci posso portare in un dieci minuti-
lei mi guardò, in maniera davvero soddisfatta. Sembrava quasi che volesse ottenerlo, quell'invito.
Lo straniero finì quello che doveva fare in bagno, e si diresse verso l'uscita. Poco prima di uscire, però, gli cadde un mazzo di chiavi per terra. Con uno scatto felino, la mia nuova amica si precipitò a prenderle e le rimise nel taschino della giacca, sfiorandola. Quello guardò la scena, e pensò che in basso qualcosa si dovette muovere, poiché uscì dal bar con un sorriso a 32 denti stampato in faccia.
Io guardai divertito quella scena, senza mai immaginare chi avevo appena fatto entrare nella mia vita.

venerdì 19 agosto 2011

Gli "emaciati"

Proprio quella sera, dopo aver finito di cenare insieme agli altri “esperimenti umani”, decise di passare davanti la porta del “reparto stress”. Doveva forzare il suo solito giro, poiché il suo reparto apparteneva al palazzo 2 mentre quello del reparto stress era un piccolo edificio a cavallo del palazzo 1 e 2, la cui unica entrata conosciuta era la porta in ferro verniciata di bianco situata nel corridorio che legava i due palazzi.
Durante la cena, Matiz cercava disperatamente la ragazza musicista, senza riuscirla a trovare. Mentre consumava il suo pasto (una bistecca sintetica e un mazzo di fiori di mais, per avere molto ferro e favorire un grosso sviluppo di emoglobine), si informò sui probabili candidati di quel reparto. Marge Donman, una ragazzotta un po' in carne che faceva parte del “reparto fitness” gli indicò due soggetti seduti in disparte rispetto agli altri. A giudicarli a prima vista, sembravano davvero emaciati e provati. Notò inoltre che il loro quantitativo di cibo era davvero sproporzionato, rispetto al suo e a quello di Marge. E a quello degli altri, a dire il vero.
Matiz aspettò proprio quei due che facessero ritorno alla famosa entrata del “reparto stress” e accordarsi ad essi, sperando in nessun controllo da parte del posto (dopotutto, era un centro medico sperimentale e gli unici controlli che dovevano esserci erano all'entrata). Mentre aspettava accanto al portone, non poteva non notare il rivestimento della porta in ferro: era fatto di isopropene, ovvero materiale gommoso adatto per non far uscire nessun tipo di gas. Era l'unica porta che aveva quel tipo di rivestimento. Poi il suo sguardo posò sullo schema dei reparti che era affisso sulla parete del corridorio davanti a lui. Era un semplice diagramma, formato da 8 rettangoli in cui ognuno andava a formare un nodo di un ottagono, e al cui centro vi erano direttamente i “servizi amministrativi” che gestivano “il cuore” della struttura stessa. Una cosa che non aveva mai notato: c'erano tutti i reparti, dal “reparto vizio” al “reparto fitness”, ma non esisteva nessun “reparto stress”.
Gli interrogativi andavano a crescere, fino a quando non comparvero sulla soglia del corridorio i due candidati del reparto in questione, gli emaciati. Senza degnare di uno sguardo mr. Matiz, uno di loro prese il pass da un taschino della giacca e lo passò dentro il lettore ottico, posto sulla porta che a sua volta si aprì in un lampo.
I due entrarono, e Matiz aspettò 10 secondi prima di entrare e sentirsi rinchiudere la porta dietro di lui.

giovedì 18 agosto 2011

Lontano dal capitano

-troppe cose da fare, non aggiungo altro- e uscì via, senza voltarsi.
Il capitano era fatto così. Lo chiamavano “capitano”, anche se non aveva una nave da potere comandare. Eppure tramandava una sorta di “autorità”, a cui nessuno poteva resistere.
E adesso eccomi qui, a raccontare la sua storia...mentre la mia memoria sta svanendo.
Il capitano era già morto, quando arrivai nella sua stanza. Però sapeva ancora comunicare con me.
Il lettore, a questo punto, potrebbe direttamente chiudere il file e mandarmi gentilmente a fanculo, però prima lasciate che mi presenti, e lasciate che introduca il mio lavoro.
Io sono una macchina, precisamente un essere artificiale creato dagli esseri umani. Non provo istinti sessuali, però posso provare un sentimento simile alla compassione e un sentimento simile alla rabbia.
Mi chiamo “Coscienza”, e quello che faccio non è altro che stare ferma ad aspettare che gli altri si mettano a parlare con me.
Sono il frutto di più di cento trilioni di connessioni neuronali artificiali, e il Capitano non c'entra nulla con la mia creazione. Lui è un mio paziente, anche se preferisco dire “è un mio amico”.
Sono stata creata da un consorzio universitario, non so se darvi delle vere coordinate oppure fare finta di esistere solo in un “Universo Parallelo”, dove rielaborare dei nomi presi a casaccio dal mondo vero e quindi sistemarli comodamente dentro questa storia.
Anche se sono una macchina artificiale, devo nutrirmi in qualche modo.
E chi mi ha creata ha capito bene di cosa mi nutro.
troppe cose da fare, non aggiungo altro- e uscì via, senza voltarsi.
L'ologramma del capitano stava fermo, al centro della stanza. Poi, quando finiva di pronunciare quella frase, si dirigeva in direzione della porta, ed usciva.
troppe cose da fare, non aggiungo altro- L'ologramma del Capitano era di nuovo ripartito.
La donna delle pulizie entrò dalla porta principale. Io mi nascosi dentro l'armadio, e appena vide quell'ologramma, andò verso la base della macchina e lo spense.
Col mio sguardo, potevo vedere il suo sistema cerebrale: era ai minimi livelli, quindi non dovevo preoccuparmi molto di una sua improvvisa intuizione e un'eventuale scoperta della mia presenza...a meno che non avessi prodotto un rumore sordo tale da potermi fare scoprire.
Quella donna non avrebbe mai capito chi io sia davvero, in realtà.
E così stetti tutto il tempo nascosta nell'armadio, fino a quando lei non finì le sue pulizie. Fece anche meno del previsto, dato che il Capitano l'aveva pagata per pulire tutta la stanza e lei pulì solo il salone e il bagno.
Appena uscì fuori, il mio cellulare si mise a vibrare, perchè qualcuno mi stava cercando.
E l'unico che mi conosce, in questa città, è un altro scherzo di laboratorio, come me.
ehi, Coscienza- mi disse lui – hai finito il lavoro da quelle parti? Mi puoi raggiungere nella stanza dell'hotel?-
certamente, Val- risposi io – il Capitano è andato, e io sono sazia per un bel pò -
- perfetto, allora.vieni subito qui e facciamo un controllo approfondito.-

mercoledì 17 agosto 2011

La lotta del water

- mi spieghi che diavolo ci fa un gatto qui nel bagno?- si domandò Nadia, in maniera non molto amichevole.
- io ne so meno di te- le rispose stizzito Giacomo.
I due, che si ritrovavano in quell'autogrill totalmente per caso, non si capacitavano del fatto di essere stati derubati e abbandonati a loro stessi. E In quella terra "straniera", soprattutto.
Nadia, giovane ragazza borghese di 27 anni, si trovava su quel pullman in seguito ad un forte litigio avvenuto nella sua famiglia: aveva deciso di mandare tutti a quel paese e di andare a Palermo, lasciandosi Trapani alle sue spalle. Giacomo, 23enne dentro un corpo di 30enne, si trovava su quel pullman semplicemente per caso, visto che la mezz'ora prima di prendere il mezzo pubblico lo aveva contattato telefonicamente un suo amico per invitarlo ad una cena proprio a Palermo.
E adesso i due si ritrovavano spersi nel mezzo della campagna trapanese, forse nei pressi di Castellammare del Golfo, proprio per un...piccolo intoppo dell'autista.

- e io dovrei andare in un bagno che è occupato da un gatto?- continuava a ripetere la povera ragazza, quasi esasperata da quella situazione.
- senti, adesso cerco di toglierlo di lì- si propose Giacomo, ma il gatto aveva tutt'altra intenzione che lasciare il posto del water a Nadia.
Infatti cercò minacciosamente di graffiare il ragazzo appena quest'ultimo tese una mano per allontanarlo. Poi Giacomo cercò un bastone da utilizzare per spostarlo di peso, ma il gatto si attaccò nervosamente al bastone e lo tirò via con grande maestria.
Nadia rimase sconvolta da quelle scene. -possibile che non riesci a tirare via un gatto dal cesso? Ti fai pure strappare di mano il bastone? ma tu vedi che storie...-
- senti, io sono un'animalista e non voglio picchiare gli animali. E poi si vede che considera questa cesso la sua casa, magari ha cresciuto dei piccoli gattini che adesso staranno girando il mondo, e la mamma aspetta intrepida il loro ritorno...-
- me la sto facendo addosso, animalista! ora ci penso io!-
- senti, non è colpa di questo gatto se siamo rimasti a piedi! E' colpa dell'autista!...vabbè, è anche colpa nostra, visto che lui è risalito mentre ora eravamo chiusi nell'autogrill...ma fondamentalmente è colpa dell'umano e non dell'animale! E poi deve essere di casa, visto che il suo pelo non è così trasandato...-
Giacomo, tuttavia, non si accorse che mentre stava tenendo la difesa del felino Nadia stava raccogliendo le pietre per poterle lanciare al difensore del water.
- spostati, avvocato- disse infine, lanciando la prima pietra. Ma la ragazza aveva una pessima mira, e al posto del gatto prese la faccia del povero Giacomo, che rimase intontito per l'improvvisa botta.
- ops...scusa...vedi che è colpa tua? al posto di parlare e perdere tempo, potresti aiutarmi!-
Giacomo voleva controbattere all'accusa, ma il gatto s'innervosì talmente tanto che si lanciò con molta furia sulla schiena del ragazzo.
E così, mentre Giacomo lottava disperato contro la furia del gatto, Nadia potè tranquillamente chiudere la porta del water, appena liberato.
Peccato che non si accorse che dentro quel bagno biologico (dietro l'autogrill), vi erano nascosti altri due gatti, anche loro visibilmente incazzati.

sabato 13 agosto 2011

Una storia nella carestia

Il professore si prese un caffè in uno dei bar di via Fardella, gustandoselo pian piano.
Guardò i suoi concittadini mentre scorrevano tranquillamente la loro vita, e si immaginò come potevano essere stati i loro antenati, sempre se ne avessero, mentre calcalavano quella terra in cerca delle soluzioni alle loro sfide quotidiane.
Ad un tratto il cellulare squillò. Era lei, la sua allieva Giulia.
- Giulia, identificato il terzo dei nove?- chiese, con tono gentile e sereno.
- si, professore, si trova all'angolo tra Via Marsala e via Fardella. io sto scendendo adesso dal monte, sono in via Manzoni-
Facendo un rapido calcolo, lui si trovava più vicino all'obiettivo.
- va bene, cara, vediamoci direttamente lì. Io sono più vicino, mi avvio per prima e recapito il biglietto-
un pò di silenzio, e Giulia diede il suo consenso e lo salutò.
Così il professor Geremano pagò il suo caffè e uscì frettolosamente dal bar. Incamminandosi, riflettè su quella vecchia storia raccontata la mattina stessa ad uno dei suoi allievi a scuola.
Una storia fatta di disperazione e voglia di riscatto, cominciata proprio a Trapani nel 1635. Anno in cui le prime rivolte si fecero più aspre rispetto ai borbottii delle settimane che precedettero quell'anno. Situazioni socio-economiche che non riuscivano a soddisfare la grande massa, e che neanche quando la seduta consiliare presieduta in quel tempo riuscì a calmare. In quella seduta si decide di acquistare 15.000 salme di frumento proprio per calmare la popolazione trapanese, mostrando inoltre anche un pò di comprensione alla brava gente (secondo loro bastavano solo 5.000 salme in più rispetto ai 10.000 ordinari).
Il barone De Carlo, l'allora sindaco dei trapanesi, andò a Palermo in tempo di Comanda per prendere quanto pattuito con la seduta consiliare, ma ritornò a casa con solo 3.000 salme.
La gente era stremanta, e con l'andare del tempo quella situazione prese tutti i contorni della carestia, in tutta l'isola. La fame era talmente potente che le navi cariche di frumento avevano seria paura nel passare nelle nostre coste, specie nel trapanese avendo qui da noi i marinai migliori. Una sera di Maggio del 1636, un gruppo di giovani affamati decise di sequestrare due barche piene di frumento destinate al vicino Monte San Giuliano, città a quel tempo più potente di Trapani. Erano quattro ragazzi in tutto, e tra di loro c'era un ragazzotto con i capelli neri, sempre arruffati, di nome Bastiano.
Bastiano voleva prendere parte del frumento e portarlo a casa per lavorarlo e farne del pane, ma gli altri 3 decisero di vendere tutta la refurtiva a dei villici nelle zone vicine al trapanese che possedevano oggetti di valore (probabilmente rubati a qualche aristocratica), e con il denaro ottenuto andare lontano da lì.
Bastiano, semplicemente affamato, decise allora di "vendere" i suoi compari ai rappresentanti di alcune maestranze (delle corporazioni locali), che presero tutto ai 3 giovani e li denunciarono.
Bastiano non ottenne nulla se non un pò di frumento per farne una pagnotta, e tutto il frumento scomparì e non venne neanche ridato indietro ai "Muntisi" di San Giuliano, che ovviamente si vendicarono in seguito andando a sequestrare tutte le partite di orzo e frumento coltivati (dai trapanesi) nel loro territorio.
Il professore, mentre ripensava ancora all'inizio di quella storia, arrivò giusto in tempo all'angolo tra Via Marsala e Via Fardella dove c'era un ragazzo biondo di 18 anni, con lo zaino, che stava aspettando il verde del semaforo per potere passare. Mentre le macchine scorrevano a gran velocità, il professore con grande maestria, senza farsi notare, mise un biglietto in una delle tasche dello zaino del giovane e poi continuò per la via, come se nulla fosse.
Poi, dopo due minuti, si voltò e vide che il ragazzo era già andato via.
Al suo posto, dall'altra parte della strada, era comparsa Giulia.
Geremano, con un gran sorriso, tornò sui suoi passi per incontrarsi con la ragazza.
- allora, fatte le foto che ti avevo richiesto?-
- si- confermò Giulia - ho tre panoramiche complete della città, e qui ce ne sono altri due-
Geremano prese la fotocamera in mano, e vide che all'altezza di torre di Ligny vi erano altre due fonti di luce.
Altre due persone a cui recapitare un biglietto.
- va bene, Giulia, andiamo in macchina. Nel frattempo ti racconto come venne giustiziato Bastiano...-

venerdì 12 agosto 2011

Indovina chi viene a cena

Erano le 19 e io, Gualtiero e quel ragazzo suicida scampato dalle grinfie del Macellaio ci ritrovammo davanti alla porta di casa mia. Secondo Gualtiero vedere in faccia la Morte gli avrebbe favorito un gran rispetto per quando ne avrebbe parlato con la sua bisbetica ragazza, nonchè anch'ella mia datrice di lavoro. Il ragazzo, di nome Max, invece si era unito a me poichè non riusciva a credere che quella che avrebbe trovato appena si fosse suicidato in realtà aveva perso la memoria e adesso viveva (???) tranquillamente a casa mia. E altrimenti avrebbe creduto ancora di essere diventato un superuomo, e sarebbe andato a farsi uccidere da qualche malvivente e poi resusciterebbe. Ed eventualmente qualcun'altro avrebbe visto quella resurrezione e lo avrebbe fatto diventare un novello messia. Magari sarà successo qualche altra volta?
Misi la chiave nella toppa con la mia mano tremolante (ero emozionato), e aprì lentamente.
Dalla cucina si sentì la sua voce canticchiare qualche canzone pop famosa, probabilmente Backstreet Boys.
- ma davvero sta intonando "Everybody"?- si chiese Gualtiero, sottovoce. Anche lui era visibilmente emozionato, visto che la sua vocina era abbastabanza stridula.
- si, è quella canzoncina di 10 anni fa. Però ti entra nella testa, non trovi?-
- veramente, è davvero brutta e piatta. Davvero sta intonando "Everybody"?- ripetè Gualtiero
- non è vero, è davvero bella. la dovresti ascoltare un'altra volta, poi mi dici com'è-
- ti dirò che fa schifo, Max! ecco perchè volevi suicidarti, per i tuoi gusti musicali di..-
ad un tratto, la canzoncina si interruppe - Davide, amore, sei tu?-
Gualtiero soffocò un gridolino stridulo, mentre io con finta voce tranquilla la rassicurai - si, amore, sono io!-
- hai portato un'amica per cena? ho sentito un gridolino stridulo-
- no tesoro, è il nostro amico Gualtiero che è inciampato sul comodino e si è fatto male-
- si è vero - si affrettò a dire Gualtiero - mi sono fatto male, davvero male da morire...-
Io e Max ci girammo verso di lui, increduli che abbia detto davvero quella frase, mentre lui concludeva la sua scusa con voce flebile - ...in senso figurato, chiaro-
dalla porta della cucina si materializzò la figura della mia amata, con in mano una piccola falce.
- benvenuti a casa- disse con un sorriso stampato sulla faccia. Io rabbrividì, temendo che la memoria gli fosse tornata, mentre Max la guardava ammirato e Gualtiero si aggrappò a me perchè la forza alle gambe gli venne a mancare.
- Gualtiero, cos'hai? ti senti debole? hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?- disse lei, avvicinandosi lentamente con la falce in mano - prego, siediti sul divano, io finisco di preparare la cena e vengo a farti visita-
E Gualtiero svenne del tutto.
Io lo presi di peso, e cercai di contraccambiare in maniera quasi meccanica un bel sorriso
- Tranquilla, amore mio! ha solo un pò di pressione bassa, ora lo metto io sul divano! tu, piuttosto, perchè quella falce? non intendo dire che sia brutta e che faccia un'impressione del diavolo ma che sia simpatica da vedere, sia chiaro-
Max la guardava con un sguardo ispirato, ma lei non se ne accorse - oh, amore mio! è un oggetto che stavo mettendo a posto. me l'ha regalato una mia amica-
deglutì a fatica - eh? una tua amica?-
- si, una mia collega, non è un'amore-
Max si girò verso di me, preoccupato - improvvisamente ho trovato così bella la vita-
la mia ragazza lo guardò con fare interrogativo, mentre io stavo cercando un modo per capire se stesse parlando di una ragazza che lavorava in quel negozio di animali oppure una sua "collega di morte".
- e dove si trova, adesso, questa tua collega?- dissi, con quel mio sorriso meccanico.
- oh, è proprio qui in cucina-
e, appena finì di pronunciare quella frase, si materilizzò dietro di lei una figura femminile molto slanciata e alta, con dei profondi occhi blu e capelli corvini lisci. E grandi. E la pelle molto pallida, quasi bianca.
Il suo sorriso di sfida mi raggelò, e avvicinandosi verso di me (impietrito) disse con voce molto calda - veramente, sarei molto di più di una sua collega-
-ah...- dissi con vocina Gualtieresca - e..saresti...-
- sarei la sua principale. Ciao Davide.-
E, dietro di me, Max svenne a peso morto sopra Gualtiero.
- .....gli scacchi si sarebbero rotti...se vuoi vado a comprare una confezione...-
Lei mi sorrise, e mi prese la mano.
- tranquillo, ci facciamo una bella partita a scacchi col computer!-

giovedì 11 agosto 2011

minestra d'informazione

quindi, è qui dove stai?- chiese Andrea, mentre Valentine stava risistemando la connessione AJAX per poter connettersi al database delle forze deviate speciali.
Già. Qui è dove sto, connettiti oppure siediti dove ti pare. Occhio agli innesti bioquantistici che trovi in giro per casa-
Andrea rimase fermo al suo posto.

capirai bene il fatto di non capire nulla di cosa tu stia parlando. Cosa sarebbero gli innesti bioquantistici?-
della roba vischiosa cominciò a salire su per il braccio di Andrea, appena se ne accorse si mise a saltellare lungo la casa cercando di togliersela addosso. Valentine osservava distratto la scena, mentre stava riflettendo sulla chiave crittografica data dal senatore, prima che quest'ultimo venisse inglobato nell'appartamento.
Pitagora, potresti aiutarlo e dargli tutte le informazioni necessarie per la sopravvivenza dentro questa casa?- disse, per poi mettersi davanti ad uno schermo ed analizzare ogni codice. Con una mano si innestò un cavo nella tempia destra, per poter scannerizzare ogni mappa algebrica contenuta nella chiave.
Andrea, nel frattempo, era riuscito a togliersi l'innesto bioquantistico dalla mano, e adesso stava analizzando quella strana roba vischiosa che si dava contorcendo sul pavimento. Ad un tratto, in uno degli schermi comparve la faccia dell'intelligenza artificiale.
e così, te saresti uno dei tre sbucati dal nulla, eh?-
e tu saresti uno di quelle intelligenze artificiali, no?-
esatto. Diciamo che sarei un'estensione dell'intelligenza artificiale della città. Mi togli una curiosità?-
dimmi pure -
qual'è l'ultimo episodio che ti ricordi, prima di esserti risvegliato in questo posto?-
Andrea rimase a pensarci su: l'ultima cosa che si ricordava era la macchina che gli veniva incontro e lo sguardo della bambina che aveva salvato, prima di venire scaraventato sul cofano della macchina.
ricordo solo il modo in cui sono morto-
quindi, secondo te siamo il frutto del tuo inferno personale? Un po' come la prigione della città Ovest-
cosa avviene in quella prigione?-
Pitagora ci mise un po', prima di rispondere. Poi disse, in maniera quasi robotica – i condannati, in quella prigione, hanno diversi tipo di condanne, su una scala che va da 1 a 13. chi ha una condanna di tipo 13, viene condannato al mondo virtuale che ha come algoritmo l'inferno di Dante-

martedì 9 agosto 2011

Dentro un bar

Prendete un paio di ingredienti, e mescolateli. Ecco, si dovrebbe formare una specie di pastina, qualcosa che riesce a stare dentro una teglia e pronta per essere ben cotta.
Come dite? Troppo presto? Mancano altri dettagli?
Se siete tra quelli che ha risposto “si” bene: potete continuare a leggere. Se avete risposto “no”, beh allora siete nella pagina sbagliata, dovete controllare l'ultimo aggiornamento del vostro amico su Facebook.
Questa storia, in effetti, dovrebbe essere piena di dettagli ma sapete bene che nessun essere umano è bravo come Wilbur Smith o come Stephen King a scrivere bene ogni singola emozione che trasuda dal corpo del personaggio. Io mi limito solo a dare un'apparenza normale a tutto quello che può riguardare una singola storia scritta. Ogni singola parola, ogni singola lettera.
Questa storia riguarda una storia di persone che si rincorrono e che si trovano solo quando meno se lo aspettano, una storia formata da gente morta dentro ma che non capisce bene di essere morta.
Questa è la storia di come conobbi una di quelle simpatiche figure che l'essere umano ha sempre cercato di evitare ma che sfortunatamente non riesce a viverne senza, soprattutto se l'essere umano in questione è un genio o un essere umano che cerca di nascondere il fatto di essere genio.
Quella sera io ero di turno al bar di mio zio, un uomo abbastanza in carne che si era rotto le palle di gestire quel bar e aveva deciso di uscire e togliersi totalmente dalle scatole dal punto di vista lavorativo: aveva deciso di entrare al bar soltanto per prendere la sua parte di soldi e sparire via in qualche città, perso in qualche bar per cercare di dimenticare la realtà in cui viveva e crearsi una realtà tutta sua. Io, da buon nipote squattrinato, decisi di prendere in co-proprietà il bar e soprattutto “coltivare” quell'attività, e senza di me quel bar non avrebbe sbarcato il lunario.
Ecco, quella giornata non ero particolarmente entusiasta poiché non era venuto nessuno al bar tranne Giacomo 'o piccirillo' e Vaiani, il noto ubriacone del paese. Era piena estate, e sfortunatamente quel paesino sperso nelle campagne toscane non rientrava nella guida Michelin come meta turistica a 4 stelle. Anzi, non aveva nessun tipo di stella se non quelle bellissime, che brillavano come diamanti nel firmamento stellato. Ero scoglionato, gente, talmente scoglionato che avevo deciso di seguire l'esempio di mio zio e di chiudere quel maledetto bar e andare in ferie.
Ma ero con pochi spiccioli in tasca, e il conto in tasca mi serviva per sopravvivere magari fino alla fine del semestre finanziario.
Perso in quell'incubo dei miei pensieri entrò lei, bellissima con i capelli rossi fuoco, e quel vestito leggero che lasciava entrare nella tua testa pensieri tutt'altro che finanziari.
Bellissima. E con uno sguardo che poteva fare anche paura, a tratti.

pezzo estratto dal racconto "All'origine del pensiero"

Sotto l'afa estiva

- guarda qui, Andrea: quei ragazzi si stanno azzuffando per un incidente stradale -
I due personaggi, un vecchio e un giovane, stavano assistendo a quella scena all'altezza di Via Argenteria.
- qui a Trapani, prima della mostra non possiamo fare nulla. Ha chiamato mia moglie: le autorizzazioni sono state tutte convalidate. Adesso dobbiamo solo pubblicizzarla- disse il Vecchio, finendo il discorso che aveva iniziato.
- quanti gente pensi che potrebbe partecipare?- domandò, in maniera quasi annoiata, il giovane. Il
Vecchio ci pensò un pò sù, e poi si diresse verso il luogo della zuffa tra due ragazzi, che guidavano rispettivamente una Yariz e una Fiat Punto.
- secondo i calcoli, 5 ragazze e 4 ragazzi- disse lungo la strada.
"perchè il Vecchio è così interessato a quella lite?" pensò Andrea, mentre rientrava in macchina.
il Vecchio, come lo chiamava lui, era un amico di famiglia nonchè quasi un secondo padre per lui. Nonostante tutto lo apostrofava sempre con quel soprannome antipatico, il "Vecchio", ma al diretto interessato sembrava non importasse. Anzi, poteva esserne quasi divertito.
Andrea rientrò in macchina e accese l'aria condizionata, poichè ad Agosto stare a Trapani sembrava voler dire stare all'inferno, visto che la via principale di Trapani, via Fardella, sembrava essere una strada di fuoco dalle 13 alle 17 di ogni maledetto giorno.
Chi era libero da impegni andava a buttarsi in quell'oceano di gente che veniva a crearsi a San Vito lo Capo, lontana solo 42, ma lui e il Vecchio non potevano andare da nessuna parte: quel mese di Agosto sembrava soltanto essere riservato per quella Mostra, quella cazzo di esposizione che doveva mettere a confronto "bene contro male". Poteva esserci nulla di così banale? No, non poteva esserci.
Diede ancora un'occhiata distratta al Vecchio, che nel frattempo aveva preso una buona fotocamera digitale, una Fujifilm FinePix S2950, e si mise in disparte anche se le persone presenti sul posto non si curavano minimamente della sua presenza. I due ragazzi, nel frattempo, erano stati divisi rispettivamente da due passanti e da un automobilista che aveva lasciato la ragazza in macchina, con l'aria condizionata accesa a palla e una canzone di Pavarotti nello stereo, "Buongiorno a te". Nessuno degli automobilisti presenti nella coda creatasi per l'occasionale diverbio badava al Vecchio, e i più frettolosi avevano già cominciato a creare una sinfonia di clacson, che stridevano le note di Pavarotti. Il Vecchio, indisturbato, scattò in un lampo di tempo una singola fotografia. E, in un singolo lampo di tempo, uno dei due ragazzi crollò a terra, apparentemente svenuto. Tutti rimasero stupiti, si guardano tra di loro smarriti, e soltanto la ragazza che ascoltava Pavarotti lanciò un gridò che innescò la reazione di tutti. E, mentre quelle persone stavano cercando un modo di rianimare quel ragazzo e cercare di far ritornare disperatamente quella normalità che aveva lasciato quella via.
Il Vecchio rientrò in macchina, sotto l'occhio vigile di Andrea, ancora annoiato nonostante la scena a cui aveva assistito.
- vedi, caro ragazzo - esordì il Vecchio - l'importante è trovare le fonti di luce presenti in questa città, e catturarli prima che le catturino gli altri 9. Dobbiamo allestire in gran fretta questa mostra, altrimenti come possiamo rendere immortale questa città? -
"Immortalità" pensò Andrea "non potrebbe esserci qualcosa di più banale?"

lunedì 8 agosto 2011

All'origine del problema

- analizziamo il percorso staminale della sua mente, mr. Maniz: come vede, la neurogenesi prosegue tranquillamente il suo corso dentro il suo ippocampo. possiamo procedere al prelevamento di altri tipi di cellule. E' stato in ambienti stimolanti, oppure ha partecipato a dei giochi che richiedevano particolare impegno? perchè qui l'elaboratore indica la nascita di oltre 600.000 unità di cellule staminali...-
- in effetti, dottore, ho assunto un mix di red marjuana e foglie di tabasco per prepararmi psicologicamente alla competizione nord-europea di calcio. Il calcio può essere considerato un gioco interattivo?-
- si, in effetti il calcio rientra in queste categoria. E' un gioco di squadra in cui lei collabora alla stesura di uno schema di gioco, che a sua volta si divide il 3 fasi: difesa, tenuta dello schema e attacco. praticamente, le 3 regole basilari della natura umana. Perfino le staminali adottano questo tipo di difesa- disse, voltandosi, il dottore che procedeva al prelievo settimanali delle cellule cerebrali staminali di Matiz, uno dei 70 volontari del centro che prendeva una certa somma di denaro per quello che veniva considerato uno dei business più in voga degli ultimi 40 anni.
Alcuni dei "magnifici 70", però, non erano totalmente contenti della scelta di donare parti del loro cervello (ormai considerati vere e proprie coltivazioni) per dare materia prima alle "creme di vigore mentale", una delle tante applicazioni che facevano evitare malattie neocerebrali. Infatti, Matiz poco tempo prima aveva avuto a che fare con una certa Timberly, una vocalist di un gruppo jazz-rock caduto in disgrazia poichè il batterista era morto. Il sound del gruppo, raccontava la ragazza, era il fattore vincente di ogni loro tour, e il batterista era anche quello che scriveva i testi. Dopo la sua morte, tutto era cambiato e lei aveva deciso di diventare una "coltivatrice di staminali", soprattutto nella lotta contro lo stress.
Matiz non era mai venuto a contatto con quel reparto, ma Timberly aveva sconsigliato, con una voce abbastanza interrotta, di entrare a far parte di quello staff.
- dottore - disse Matiz con voce abbastanza flebile per poter autodistogliersi dai suoi pensieri - cosa succede ai coltivatori del "reparto stress"? -
Il dottore fermò il conteggio dei valori delle staminali, complicata di per sè visto che doveva applicare una mutua informazione non molto facile, e rivolse uno sguardo incuriosito al suo paziente.
- perchè, mr.Matiz, vuole saperlo? ha visitato il reparto?-
- no, ma conosco della gente che ha paura di entrarci. lei che mi dice?-
- beh, la storia di quel reparto è abbastanza complicata: 40 anni fa uno studio ufficiale rivelò che gli europei non avevano problemi nella procreazione. Questa, agli occhi di tutti fu una notizia indifferente ma studiata nel dettaglio per innestarsi nel subconscio nelle masse. Infatti, l'essere umano se non sente minacciato il suo diritto alla procreazione continua tranquillamente a vivere la sua vita. Ma la realtà era tutt'altro: in Europa le nascite erano calate vertiginosamente rispetto alle statistiche del passato. Se le masse avessero saputo, nel loro subconscio avrebbero saputo che i fattori socioeconomici in cui erano sommersi non erano sufficientemente tranquilli: si sarebbero preoccupati e sarebbe iniziata una reazione a catena che avrebbero portato a vere e proprie sommosse. Sa qual'era la causa principale delle mancate nascite?-
Matiz seguiva interessato quella storia, e fece cenno di no alla domanda del dottore.
- lo stress- enfatizzò quest'ultimo - era semplicemente lo stress. Una task-force nel Regno Unito venne creata con questo scopo: agire contro lo stress-
- quindi, avete incominciato alla radice del problema. Agire nel cervello delle persone-
- il cervello è uno strumento potentissimo, se lo si usa con saggezza...ma diventa inutile se lo si riempie con informazioni errate e stupide congetture-
- ma almeno avete usato una buona base di umiltà per poter decidere il confine tra bene e male?-
il dottore rimase sorpreso da quella domanda. Dopotutto, la filosofia non rientrava nel suo vasto campo di interessi.

pezzo estratto dal racconto "il fattore Stress"

domenica 7 agosto 2011

Riflessioni & Macellai

- hai capito, Gualtiero? si è presentata a me come la Morte, poi gli è cascato il lampadario di sopra e non si ricorda più nulla! cosa mi suggerisci?- domandai, in maniera un pò apprensiva, al mio migliore amico nonchè datore di lavoro.
- mmmmmmmmm...la morte, dici?-
- si proprio lei, l'oscura signora!- gli confermai, sperando in un consiglio sincero e intelligente.
- eh beh, allora per prima cosa nascondi gli scacchi, poi ripara il lampadario. O vice versa, però gli scacchi li devi proprio nascondere-
-ah, tu dici che gli scacchi gli fanno tornare la memoria?- non era proprio il consiglio intelligente che mi aspettavo.
- no scemo, ti prendo in giro! magari dovresti consultare uno psicologo, avete dei rapporti di coppia che dovete risolvere...-
- ah, tu pensi che esistano molte coppie che vanno male perchè lei afferma che al posto di fare l'amore va a prendere le anime vaganti?-
- ci sono coppie che scoppiano perchè lei accusa lui di non amare "Beatiful" come piace a lei. Adesso la tua ragazza come sta?-
-ma non lo so: da quanto l'ha visitata il medico, si rintana a casa a guardare serial tv come "Supernatural" o "Six feet Under"-
- niente "Beatiful"?-
- no, mi pare di no.-
- Bene, allora la tua storia d'amore può sopravvivere. Ma tu hai le prove che lei sia davvero la Morte?-
- aveva accennato a delle "colleghe", quindi suppongo che qualche collega andrà a trovarla appena noterà la sua mancanza-
- lascia perdere quella storia e ascolta: rimani vicino alla tua ragazza e aiutala nella sua riabilitazione.-
Ad un tratto, un ragazzo si schiantò sul marciapiede proprio accanto a noi. Gualtiero con un urlo non proprio virile si aggrappò a me, e io a sua volta mi aggrappai alla Smart che era parcheggiata vicino a noi.
Istintivamente guardai in alto, e vidi la pila di balconi che si stagliava sopra le nostre figure: da quale balcone si era gettato?
Uscì anche un macellaio dal suo negozio, che ci guardò stralunato.
- ho sentito una donna gridare - disse guardandoci, anche se probabilmente si riferiva al grido non proprio virile di Gualtiero - cosa succede? -
Poi si accorse del ragazzo per terra, e rabbrividì - quindi...si è suicidato?-
- sembrerebbe proprio di sì, dobbiamo avvisare i carabinieri-
- giusto, vado a chiamarli e porto qualcosa da mettergli sopra - rientrò nel negozio mentre Gualtiero si avvicinò al cadavere, domandandosi il perchè del folle gesto.
- magari era disperato perchè non aveva lavoro, o aveva un lavoro che odiava, o odiava lavorare e... eeeeeeeeeekkk- Gualtiero emise un altro grido non proprio virile e si aggrappò a me, e io a sua volta cercai di aggrapparmi di nuovo alla Smart, senza riuscirci perchè nel frattempo il proprietario se n'era andato. Quindi cademmo entrambi per terra, mentre il macellaio uscì fuori di nuovo allarmato - ho sentito di nuovo una donna gridare, dobbiamo coprire il....oh, mio Dio!-
Io non mi ero accorto ancora di nulla, perchè il mio datore di lavoro s'era aggrappato subito a me, ma mi accorsi ben presto del motivo del suo spavento e dello stupore del macellaio: il ragazzo suicida non era morto, ma aveva solo preso una gran botta. Si rialzò come se nulla fosse, e il suo sguardo sembrava trasmettere una certa insofferenza per la mancata morte.
- porca miseria! mi sono gettato dal sesto piano e non mi sono fatto niente!-
Io mi rialzai, mentre il mio prode datore rimaneva per terra incredulo a sua volta.
il Macellaio, dall'alto della sua infinita saggezza, si arrabbiò e accusò il ragazzo di avergli terrorizzato la clientela, e lo minacciò con un coltellaccio.
Mentre videvo il macellaio che rincorreva il ragazzo, rimasi a riflettere sull'accaduto. Se quel ragazzo non era morto, allora voleva dire che la Morte non aveva fatto il suo lavoro: seguendo quella logica, dovevo necessariamente tornare a casa e nascondere quei maledetti scacchi.

bozze estratte dal racconto "Accompagnatore ufficiale di..."

sabato 6 agosto 2011

psicologia transpersonale

"La più grande storia mai raccontata, è quello che dobbiamo creare, la psicologia transpersonale moderna vi permette di raccontarvela al posto vostro, basta solo che forniate una buona connessione neuronale!"
La pubblicità andava ad intermittenza intervallata con una pubblicità di cibo per cani, il Medelan. Una scatola di Medelan era piazzata a buon mercato e costava meno della carne d'agnello, la carne più economica che la gente poteva permettersi. Ma bastava prendere un fiore di Droga per dimenticarsi di tutto quello schifo. E la carne di Medelan diventava carne di cavallo, la più costosa da queste parti.

La docente di psicologia entrò nell'aula, e tutti i portatili si sincronizzarono con il suo Booktop. Il mio ero un modello vecchio, e la sincronizzazione doveva avvenire manualmente. Fu così che dimenticai per un breve attivo quella roba della psicologia transpersonale. Dico 'attimo', perchè l'argomento della lezione riguardava proprio quello.
- il mondo è così vario, cari ragazzi - esordì la dott.ssa Mandil - che occasionalmente per oggi possiamo permetterci di creare uno schema personalizzato, in cui suddividiamo i problemi delle persone in due categorie: la prima riguarda i problemi 'razionali', che comprende i problemi che riguardano la sopravvivenza o il risolversi di un conflitto termo-nucleare tra associazioni di nazioni- scese dal palchetto, per muoversi tra i banchi zeppi di studenti - l'altro rigurarda i problemi 'irrazionali', che riguardano i problemi di natura estetica quali l'acne, la percezione errata del corpo che influenza il subconscio quotidiano. sapete indicarmi le differenze tra questi due insiemi di problemi?-
"psicologia transpersonale..." pensai.

- diciamo che il secondo insieme potrebbe cercare una soluzione nei lavori di Jung: una branca della psicologia transpersonale, la psicosintesi transpersonale, cerca di guidare l'uomo oltre il suo ego, togliendogli il peso delle proprie paranoie e dargli una chiave diversa di percezione del mondo-
- un pò come un fiore di Droga- mi interruppe una collega, tre banchi dietro, per poi aggiungere - in quel caso, il secondo insieme ha come fine l'anima, afflitta da quei problemi. Come diceva Jung, "la cura dell'anima deve espandersi ben oltre i confini della medicina somatica e della psichiatria, fin dentro regioni che un tempo erano dominio di preti e filosofi"-
Io mi limitai ad annuire, anche se ero un pò irritato per la brusca interruzione del mio discorso.
La dottoressa guardò entrambi con interesse, e poi riprese il suo discorso.
Io mi limitai a guardare di nuovo le pubblicità, e pormi altri interrogativi.

venerdì 5 agosto 2011

frammenti di luce e tempo

La città dall'alto aveva sapori sconosciuti, specialmente con quel tramonto che con le sue luci aleggiava su di essa. All'improvviso sembrava che ogni dettaglio fosse fondamentale, come se il tempo stesse rallentando e lei poteva assaporarne ogni goccia del suo essere.
- ehi, lei, non può stare qui! questa è una proprietà privata!-
lei cercò ancora un attimo, lungo attimo, da assaporare. poi si voltò verso il proprietario di quelle terre. E lui si accorse subito di quella rara bellezza, quegli occhi blu penetranti e quella sua pelle morbida e liscia come un frutto a primavera.
- si, lo so. sto solo cercando di scattare delle fotografie per una mostra che avverrà alla fine del mese, giù a Trapani-
- che tipo di mostra?- balbettò l'uomo, quasi incantato da quella apparizione - giusto per sapere...-
- una mostra di fotografie, chiamata "frammenti di tempo". Io sono una delle fotografe che parteciperà, il mio nome è Giulia- disse, mostrandogli uno dei suoi migliori sorrisi e la sua macchina fotografica professionale, un modello Canon EOS.
- piacere di conoscerti, Giulia. Ma potevi avvisare prima di entrare nel mio terreno, mi dispiace ma ti devo chiedere di andare via-.
Il sorriso e i suoi occhi non avevano funzionato, e lei doveva lasciare quello spazio. Doveva rinunciare a trovare quello che cercava.
- mi lascia solo scattare un'ultima fotografia, per favore?-
l'uomo sembrò spazientito, poi incrociò le braccia e fece cenno di sì con la testa.
lei si voltò lentamente, poi posizionò la macchina fotografica apparentemente in cerca della posa ideale, ma stava facendo tutt'altro. Cercava una fonte di luce provenire da un certo punto della città, l'unico punto dove avrebbe trovato uno degli altri partecipanti alla mostra.
Cosa o chi avrebbe partecipato a quella mostra non importava molto: la cosa importante era cercare l'esatto frammento di luce che avrebbe rappresentato meglio la sua anima.
Apparizione? Notorietà? alcuni la chiamano sopravvivenza, altri la chiamano immortalità.

Bozze estratte dal racconto "storie di Trapani: Tempo di città"

giovedì 4 agosto 2011

Verità e Artificio.

"Guarda meglio, caro Mattia: i fiori di droga stanno dominando tutto quello che il tuo occhio riesce a percepire. Per dire la verità, i fiori di droga vanno anche oltre tutto quello che puoi immaginare. Sono dappertutto: sono dentro di te, sono dentro la tua famiglia, dentro i tuoi amici...guarda meglio, caro Mattia."
La televisione stava mandando immagini di documentari sulla natura, un documentario sul mare di Capri, mentre dalla finestra l'unico azzurro che Mattia poteva scorgere non era altro che il riflesso delle nuvole che veniva proiettatto nel vetro delle sue finestre.

Se esisteva quel riflesso, pensò tra sè, allora probabilmente un raggio di sole era riuscito a penetrare quella barriera di nuvole. Qual'era il segreto di tutto ciò? come si potevano penetrare degli ostacoli, e poter raggiungere i propri obiettivi senza dover accumulare quel carico di paranoie che comporta la vita stessa? "Basta paranoie, Mattia! Attiva la modalità olografica dello schermo" si sentì dire da una remota voce nel suo cervello. Così fece, girando lo schermo webLCD verso il muro e accendendo le due telecamere collocate rispettivamente in alto e in basso.
I Faraglioni uscivano dallo schermo. 3 picchi di roccia scampati a tutto, dal franamento della costa di Capri fino all'erosione del mare. Stella, unita alla terra; Faraglione di Mezzo e Scopolo, separati da piccoli tratti di mare.
gli ologrammi occupavano tutta la stanza, ma a Mattia diede maggiormente fastidio notare che la olo-acqua non dava tutta quella grande soddisfazione, poichè l'occhio poteva distinguere chiaramente il vero dal falso, e quell'acqua che lo circondava non era altro che finzione: la vera acqua che poteva emozionarlo adesso stava fuori dalla sua stanza, e cadeva sotto forma di pioggia dal cielo.

"Mattia, che cosa succede? perchè vuoi andare sotto la pioggia?"
- voglio andare fuori, voglio qualcosa che mi emozioni-
"perchè non vuoi immergerti nel comfort della tua casa?"
- perchè non ho più voglia di stare qui, non ho più voglia di costruire altri fiori artificiali-
"questi fiori artificiali ti stanno facendo guadagnare tanto, questi fiori ti stanno dando vita"
- questi fiori mi stanno succhiando via la vita- disse, con tono quasi spento, mentre apriva la porta di casa, facendo proiettare l'acqua artificiale di Capri anche fuori dalla stanza, simulando un effetto di "acqua sparsa" lungo il corridorio.
Pareva seguirlo, mentre andava trascinandosi con fare stanco verso l'uscita dal palazzo.
"lascia perdere, Mattia, lì fuori non ci sono veri fiori: ormai non esistono più" la voce nel suo cervello sembrava diventare più stridula, quasi metallica "loro non ti permetteranno di andare fuori, a cercare chissà cosa. Ti troveranno. Io ti troverò sempre."

- lascia perdere, sentinella, non voglio scappare. Voglio solo qualcosa di vero-
"poi ritornerai a costruire i tuoi fiori?"
- si, poi tornerò-
L'essere umano non può fare a meno di costruirsi i suoi fiori: alcuni hanno deciso di sfruttare questa capacità innata, e hanno deciso di rendere artificiale questa droga emozionale.
Fu così che Mattia diventò un costruttore di fiori, fiori che in quel mondo non sbocciavano più sulla terra, ma dentro il circuito economico mondiale.
Mattia non voleva pensare ai fiori, voleva solo sentire un pò di acqua vera che andava a infrangersi nel suo corpo.
Aprì la porta del palazzo, e fu felice. Poi guardò per terra: la vera acqua si mescolava con la finta acqua olografica, che lo seguiva dal suo appartamento.

Verità e finzione potevano trovare un compromesso, e fondersi per formare qualcosa che l'umano avrebbe capito, prima o poi?
"torna dentro, Mattia, altri fiori ti aspettano"
Ma Mattia non parlava più, perchè decise di scomparire in un angolo buio, sotto la pioggia.
Alla ricerca di risposte.

mercoledì 3 agosto 2011

Accompagnatore ufficiale di... (parte 1)

"
[...]
era destino che succedesse proprio a me? non credo proprio, poichè non sono il tipo che sta a badare ai dettagli di quello che gli capita attorno. Sono solo il tipo che beccheresti per ubriacarti una sera, e poi via! ognuno per la sua strada. Magari il tipo da incontrare lungo la strada, e fare finta di non conoscerlo. Ecco, sono giusto quel tipo lì.
Non fa niente, non me la sono mai presa per questo modo di fare delle persone. Ognuno ha le proprie difficoltà quotidiane e tutti noi dobbiamo affrontare o portarci dietro il nostro bagaglio d'insicurezze.
Quando ho conosciuto la ragazza che adesso sta accanto a me, mi ero profondamente innamorato di lei, proprio perchè lei era diversa da tutte le altre. Non si dice così? Gente, non diciamo sempre che la gente che ci piace è sempre diversa dall'altra gente?
.
Una sera entrò nel mio buco d'appartamento e disse - devo parlarti di una cosa seria. Ti va una partita a scacchi?-
- non so giocare- risposi.
- poco male, t'insegno io- e, mentre prendeva con estrema grazia la scacchiera che (non so come) mi ritrovavo per casa, io cercavo due seggiole e le sistemai in modo da mettersi uno contro l'altra.
- bene, amore cominciamo-
- devi sapere che non sono come le altre ragazze-
- e quale ragazza vorrebbe essere uguale alle altre?-
- questo è vero. ma devi anche sapere che io sono molto più vecchia dell'età che dimostro.-
- questo perchè ti mantieni in forma e mangi poco. anzi, non ti ho mai vista mangiare da quando ci conosciamo. Sei anoressica?-
- no, non mangio il classico cibo. e poi mi piace mantenermi in forma-
- in che senso non mangi il classico cibo?-
- nel senso che io mangio tutt'altro. Vedi, quello che sto cercando di dirti è che...vorrei che tu ti suicidassi. Per davvero.-
- ma fai parte di una setta, e ti danno dei soldi se convinci qualcuno a morire?
- non faccio parte di una setta, sono solo io-
- ah, soffri di schizofrenia e devi soddisfare una tua psicosi per poter sopravvivere?-
- diciamo che, nella mia lunga esperienza, sono quella che soffre meno di schizofrenia.-
- Amore mio...però dammi il tempo per ambientare la mia morte-
- tranquillo: la morte si è già ambientata per bene.-
- come fai a dirlo?-
-semplice, la morte sono io. Scacco matto-
Ora, io non so come descrivervi la scena, però quando pronunciò lo "scacco matto" io ero intento a fissare intensamente la scacchiera, per studiare le mosse che pian piano la mia dolce fanciulla mi stava insegnando.
Bene, quando disse "scacco matto" io alzai lo sguardo e trasalì nel vedere la classica falce con cui la Morte viene sempre raffigurata. Nonchè il colorito della giovine cambiò: da color pesca a bianco spettrale con tanto di occhiaie nere...eh signori, fa il suo effetto!

Comunque, da buon conoscitore del mondo feci finta di nulla, e mi alzai con fermezza.
- ah...senti- pronunciai con la fermezza citata sopra - gli scacchi non fanno per me. Però grazie delle tecniche che mi hai insegnato. eventualmente vado a prendere una pizza, casomai prendo qualcosa anche per te...-
- no, stupido. Rimani ad ascoltare: devi suicidarti, perchè così staremo sempre insieme!-
- ma non è un controsenso? se tu sei la Morte, quando sarò morto dovrai accompagnarmi da qualche parte e continuerai a raccogliere persone di qui e di là...senti a me e mangiamoci una pizza! eh!-
- io non posso rimanere in questa forma corporea a lungo: mi costa fatica e non riesco a mantenere lo stesso rapporto di lavoro che avevo prima. Se tu ti suicidi, possiamo trovare delle scappatoie!-
-ehi, questa conversazione è diventata grottesca! non voglio suicidarmi, voglio solo mangiare una pizza!-
- stupido, io non posso ucciderti!- disse lei, in maniera esasperata - se ti uccido, poi qualche mia collega verrà a prenderti e "ciao ciao amore"-
- ah, "qualche tua collega"? c'è un merchandising di Morte?-
- prendi questa pistola, non ho molto tempo. Dai su- prese una pistola dalla tasca e me la tirò: la presi per non fare partire un colpo accidentale.
- ma che devo farci con...- e bang! per sbaglio mi partì un colpo accidentale.
Il proiettile mancò la Morte (mi sarebbe dispiaciuto uccidere la Morte), ma andò a colpire la catena che fissava il lampadario...che cadde sopra di ella, travolgendola del tutto.
- oh cazzo! Ora le sue colleghe mi faranno il culo!-
La tolsi da sotto il lampadario, e vidi che era totalmente frastornata.
- ehi, ci sei? sei qui con noi? non andare verso la luce!-
lei mi fissò e disse - chi sei?-
- come chi sono? sono il tuo quasi ragazzo, quello che stai frequentando! stai bene?-
lei ci mise un pò a rispondere. Infine, mi guardò e disse - io sto bene....ma non ricordo nulla...che ci faccio qui? chi sono?-
- sei la M....sei la Madre dei nostri futuri figli. Devi riposarti un pò, su!-
la caricai sulle braccia e la portai sul divano. Figo, la Morte che mi voleva per sè non si ricordava più del ruolo che ricopriva: era diventata un'innocua ragazza. Ma fino a quando l'amnesia sarebbe durata?
- Amore, lo sai che potrei anche morire, per te- dissi, baciandola sulla fronte - Non sempre, ma a volte si...-


Bozze estratte dal racconto "Accompagnatore ufficiale di..."